La leggenda di Punta Campanella

Oggi voglio raccontarti la leggenda di Punta Campanella.

E’ una leggenda della Campania.

La leggenda narra dell’arrivo dei pirati Saraceni sulla penisola sorrentina.

La città di Sorrento in quel periodo era affidata, per la difesa, a una antica e nobile famiglia, quella dei Correale: questa famiglia aveva l’incarico di custodire – con le sue forze armate – le quattro porte della città.

Sfortunatamente, una di queste quattro porte venne affidata ad un servo infedele, di nome Ferdinando. Si dice che Ferdinando aprì la porta al nemico, e i Saraceni entrarono con le spade sguainate.

La città fu saccheggiata, i cittadini furono uccisi, le chiese e le case furono depredate e poi incendiate.

I pirati saraceni raccolsero un enorme bottino sulla spiaggia, e pensarono di portar via anche la campana della chiesa di Sant’Antonino Abate, protettore di Sorrento: era una campana bellissima, dal suono melodioso, e si diceva che anche le onde del mare si incantassero al suo suono.

I Saraceni calarono giù dal campanile della chiesa la campana e la misero sulla tartana, con il proposito di portarsela ad Algeri. Issarono le vele e partirono alla volta di casa, ma all’altezza della punta (chiamata oggi Punta della Campanella) furono costretti a fermarsi.

Sembrava che la nave avesse urtato contro un banco di sabbia. I tentativi dei Saraceni per far avanzare la nave furono inutili. Sembrava che una mano di ferro la tenesse inchiodata sul fondo.

Preoccupati, i Saraceni pensarono di alleggerirla gettando in mare molti degli oggetti che avevano rubato a Sorrento. Ma ancora una volta i loro sforzi furono vani.

Decisero allora di buttare in mare la bellissima campana, e solo in quel momento riuscirono a ripartire e tornare a casa.

La leggenda vuole che, non appena la campana fu gettata in mare, si alzò un improvviso e fortissimo vento che consentì al vascello pirata di raggiungere in pochi attimi le altre navi.

Si dice che ogni 14 febbraio, festa del santo protettore di Sorrento, si senta la campana suonare sott’acqua.

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